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18/06/2015
LUONGO CONVOCA L’ASSEMBLEA. MA LA MINORANZA PD RESTA ANCORA ORFANA DI UN LEADER IN CHIAVE LUCANA
Il 5 luglio l’atteso confronto nel partito dopo le Amministrative fratricide. Da Speranza a Lacorazza, da Folino a Bubbico: cercasi l’anti-Pittella
 
POTENZA- Il tempo dell’attesa sembra essere finito. Il prossimo 5 luglio si va in assemblea regionale. All’indomani della pesante sconfitta di Adduce a Matera, il Pd è pronto a riunirsi per procedere all’elezione degli organismi dirigenti (presidente dell’assemblea, direzione e commissione di garanzia) ma, soprattutto, per fare un’analisi del voto alle Amministrative. Un voto che, ancora una volta, da Avigliano a Corleto fino al “clou” di Matera, ha finito con il dilaniare ancora di più il partito. Dopo quanto accaduto, insomma, Luongo non avrebbe potuto attendere un giorno in più. E dunque, ieri, è arrivata la convocazione. Da qui al 5 luglio, però, è ovvio che molto si muoverà nelle fila dei due schieramenti: renziani da una parte, “anti-renziani” dall’altra. Mai così divisi e distanti. Il punto vero, però, è che la minoranza dem lucana non è apparsa mai così debole. E questa tornata delle Amministrative ha finito con l’assestare ulteriori duri colpi. I renziani, con una serie di operazioni chirurgiche, hanno potuto piantare ulteriori bandierine nello scacchiere del potere lucano. In comuni cruciali tra l’altro, vedi Corleto Perticara. E se non fosse stato per Avigliano, per l’area della minoranza dem sarebbe stato un disastro totale. Tenendo presente che in diversi comuni non si è proprio presentata lasciando sul campo di guerra i candidati (sconfitti) di De Filippo. La debacle, poi, è arrivata con Adduce, e su quest’ultima veleni e sospetti sul ruolo dei renziani non potranno mai essere zittiti del tutto. Ma al di là di tutto questo, resta un fatto: oggi la minoranza dem lucana non ha un leader. Non c’è, insomma, l’anti-Pittella. E questo vuoto, dimostrato anche dalla scelta di puntare all’ultimo congresso sulla figura di Luongo come uomo di garanzia (“io ero in pen sione, mi hanno chiamato...” ha ripetuto più volte), sta facendo sentire i suoi effetti. E questo nonostante i nomi di peso dell’area.
ROBERTO SPERANZA
Il primo nome in assoluto è quello di Roberto Speranza. Qualcuno dice che non ha la stoffa da leader. E infatti, al primo intoppo, la sua “area riformista” in Parlamento ha perso pezzi. A Roma, però, una parte del partito pare voglia puntare su di lui in vista del congresso del Pd del 2017. Ma sta di fatto che ad oggi, il suo peso in Basilicata non si sente affatto. Mentre pesa un interrogativo: come sarebbe oggi la storia del Pd lucano se nella primavera del 2013 avesse accettato la candidatura a governatore che l’intero partito gli aveva offerto su un piatto d’argento? Non lo sapremo mai. Ha scelto Bersani e Roma. E ha perso la Basilicata
PIERO LACORAZZA
C’è poi Piero Lacorazza, l’ex presidente della Provincia di Potenza ora presidente del Consiglio regionale. Ai tempi del primo Renzi, quello che faceva il “rottamatore” e che, quando veniva in Basilicata, trovava ad accoglierlo solo cittadini comuni (al massimo il sindaco De Maria, e nessuno dei renziani di questi tempi), avrebbe potuto cavalcare l’onda dell’allora sindaco di Firenze più di qualunque altro. Decise invece di rimanere fedele alla “casa” e qualcuno provò a ribattezzarlo “il rottamatoreintelligente”. In realtà, politicamente parlando, non fu né rottamatore né intelligente. O quantomeno scaltro. E nella battaglia delle primarie con Pittella ne uscì con le ossa rotte. Oggi, proprio come allora, sembra stare alla finestra. Qualche picconata al governatore, ma nulla di più o, comunque, nulla che lo identifichi come il vero anti-Pittella. Forse perché lo scontro lo ha già perso una volta. Di lui, probabilmente, l’Avvocato Agnelli direbbe quello che disse di Del Piero. Aspettando Godot.
VINCENZO FOLINO
Con De Filippo fu un dualismo interminabile. E subito dopo la sconfitta di Lacorazza alle primarie, si disse che con Pittella la musica non sarebbe cambiata. Che lo scontro sarebbe continuato. E infatti così è stato. E anche aspro. Folino, insomma, ha confermato il suo “brutto carattere”. E ultimamente, non certo a caso, ha lanciato anche segnali sulle perforazioni petrolifere a Monte Grosso. La distanza da Potenza, però, si fa sentire. Fare il parlamentare a Roma ha anche le sue controindicazioni. Tra l’altro, nella partita del petrolio e dello Sblocca Italia, si è anche autosospeso dal partito. Senza che finora abbia mai comunicato un ritorno alla base. E dunque viene da chiedersi come si comporterà il 5 luglio. Sarà all’assemblea o la diserterà? Di certo, ad oggi, anche lui non sembra voler rompere gli indugi e prendere il timone.
FILIPPO BUBBICO
C’è infine Filippo Bubbico, l’ex governatore e ora viceministro all’Interno. L’uomo forte, il vero leader dell’area degli ex Ds. Da un po’ di tempo a questo parte è suo il nome che inizia a circolare. Se è vero che il prossimo governatore dovrà essere del Materano, più di qualcuno nell’area della minoranza dem spera in un suo ritorno nella mischia. Solo lui, si dice, potrebbe battere Pittella e i renziani. E Bubbico, almeno stando a qualche segnale, secondo alcuni questa sfida sarebbe già pronto ad accettarla. Il suo intervento al Consiglio comunale di Potenza sul dissesto finanziario è stato letto proprio in questo senso. Ma evidentemente, dall’altra parte, c’è già chi è partito con le contromosse. Adduce, sul quale Bubbico molto si è speso in prima persona, ha perso. E a chi mastica di politica non è sfuggito come nel comizio di Buccico, quello che ha segnato uno spartiacque nella campagna elettorale di De Ruggieri, ci sia stato un attacco feroce proprio nei confronti del viceministro, ma nessun accenno contro gli antezziani. Chissà perché. Quanto al “caso Potenza”, la strada delineata dallo stesso viceministro si è rivelata un fiasco. Il provvedimento prospettato non è stato mai emanato dal Consiglio dei ministri. E così c’è anche chi avanza un sospetto: che da Potenza sia partita una telefonata all’amico Lotti per costruire la magra figura ai danni di Bubbico. E per fare in modo che, da qui a poco, possa essere Pittella a vestire i panni di “salvatore della patria”, in questo caso del capoluogo. Sospetti, pensieri e retropensieri, insomma. Che circolano. L’anti-Pittella, se mai ci sarà, va fermato sul nascere.
 
Dario Cennamo
fonte LA NUOVA DEL SUD
categoria: POLITICA