WEB E MINORI, INCONTRO TRA GIUDITTA LA MORTE (MOIGE E CORECOM BASILICATA) CON GLI STUDENTI AVIGLIANESI
Il bullismo, se ne parla spesso e mai a sproposito di questo fenomeno che rimbalza sempre sulla cronaca, un fenomeno che è sempre esistito basta ricordare il libro Cuore dipinge un Franti “malvagio”, che non teme nulla, sempre in lite con qualcuno, che porta a scuola spilloni per punzecchiare i vicini. Ed è anche un fenomeno che muta con l’evolversi della società, ora complice anche l’utilizzo del web e dei social da parte delle nuove generazioni.
Proprio il bullismo, cyber bullismo, utilizzo della rete e dei social è stato il 2cuore” dell’incontro tra gli studenti dell’istituto Carduci- Morlino di Avigliano con Giuditta Lamorte, avvocato da anni impegnata nel Moige - Movimento italiano dei genitori- e tra l’altro anche da qualche mese presidente del Corecom di Basilicata. Alla domanda di Lamorte su chi avesse un cellulare, tutte le mani si sono alzate, su chi avesse uno smartphone, di meno ma di certo numerosi. Parliamo di ragazzi dagli 11 ai 14 anni, il cellulare un tempo status symbol di pochi ora è alla portata di tutti, compreso giovanissimi.
Infatti un rapporto Eurispes Telefono Azzurro definisce i nuovi adolescenti come i figli privi di regole, come la now generation, la generazione del tutto e subito, dei nativi digitali che non possono fare a meno di essere sempre collegati e che diventano teppisti per noia, in una società che produce malessere nel benessere. Un doppio incontro - iniziato con classi di ! e “ e poi con le 3- dove l’avvocato Lamorte ha certo spiegato cosa sia il bullismo - trasmettendo il concetto che è un reato anche se fatto virtualmente- oltre ai pericoli del web, compreso anche quello che si può celare dietro le mode come i selfie, o le assurdità degli ultimi mesi - il neknominate per fare un esempio nato in Australia e propagato viralmente in tutto il globo, Italia compresa, o il selfie grotteschi scattati con il viso deformato da scotch. Di esempi che ne sono a centinaia. Cosa colpisce della percezione delle nuove generazioni del web e dei social? Per prima cosa la mancanza del concetto di privacy, la convinzione che tutto può essere un gioco, ed anche un gioco temporaneo che poi svanisce in poco tempo. Non è così, come ben ha evidenziato Lamorte: le foto postate sui social rimangono proprietà dei social o pubbliche, rimangono in rete sempre e possono essere utilizzate da chiunque, compreso azioni illegali o criminali. Riflettiamo un attimo, ma pensando agli adulti che con superficialità postano foto di minori o infanti sui social: mai sentito parlare di reato porno pedofilia? Quelle foto sono pubbliche e possono essere usate da altri. Riflettiamoci. Il dato interessante di questo incontro con gli studenti è stata l’interazione tra la relatrice ed i ragazzi, che hanno posto domande, spesso intervenivano spontaneamente, anche con esempi accaduti o di cui hanno avuto notizia. La situazione si aggrava se il fenomeno viene portato nell’ambito del cyber spazio dove le violenze e le vessazioni vengono compiute attraverso i moderni mezzi di comunicazione sms, e-mail, mms, blog, you tube, social network (o più semplicemente facebook o twitter); spazio all’interno del quale il cyberbullo gode di un (illusorio) anonimato, dove non ha il confronto diretto con la vittima e soprattutto ha la possibilità di colpire ovunque, visto che con i nuovi media la connessione è totale nel tempo e nello spazio.
“La matrice del bullismo tradizionale e virtuale è ritrovata in parte in cause patologiche e relazionali, ma in una percentuale decisamente preminente nell’ambito delle dinamiche familiari. Tutte le iniziative intraprese in campo, a partire dalla campagna di formazione/informazione Smonta il bullo, a seguire con il patto di corresponsabilità educativa, dello Statuto degli studenti ed ancora con il patto anti-bullismo contro la violenza omofobica o con la direttiva sulla divulgazione di riprese effettuate in ambito scolastico, a finire con la reintroduzione del voto in condotta, hanno tutte come punto di partenza il coinvolgimento della famiglia e la condivisione di un percorso rieducativo da compiere con il minore” spiega Giuditta Lamorte “Il percorso rieducativo parte dalla consapevolezza dello smarrimento del ruolo educativo da parte della famiglia, che rinuncia alla propria funzione umanizzante, dimenticando che educare vuol dire essenzialmente educare al saper essere, alla responsabilità, dimentica che sono gli adulti e non i bambini a dover discriminare cosa è buono e cosa è male e che dovrebbero essere i genitori ad insegnare che c’è una grande differenza tra l’essere connessi e l’essere in relazione e che i socialnetwork (come facebook) creano rete, ma non comunità”. Un’ iniziativa da plauso ma che non è estemporanea come ci spiega il dirigente scolastico Salvatore Mascolo; Sono anni che interveniamo su questo argomento- e già sono organizzati incontri con esponenti delle forze dell’ordine su questi tempi, se ne parla molto nelle classi durante le lezioni e continueranno durante l’anno scolastico. Insomma un’ azione di informazione ed educazione all’uso corretto delle nuove tecnologie come momento didattico .