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02/08/2013
IL PERCORSO DELLA PROCESSIONE DEVIATA IN VIA "ECCEZIONALE"
Religiosità e fede, o viceversa. E’ un dualismo inscindibile, anche per chi ne conosce la differenza e, quindi, il valore.
 
Religiosità e fede, o viceversa. E’ un dualismo inscindibile, anche per chi ne conosce la differenza e, quindi, il valore. La religiosità, ovvero, l’insieme di tradizioni popolari e popolane, un misto di riti ancestrali, agresti e pagani, dal carattere propiziatorio ed esorcistico, di cui la “nuova religione” (Cristianesimo), ai suoi inizi, fece propri in un’azione sincretica, mossa dalla necessità di farsi comprendere dalle genti. La fede, ovvero, il credere al di là di ogni ragionevole prova:”credo quia absurdum” (Tertulliano). Il vedere oltre il velo: credendo vides. Quindi, la fede come paradosso, scandalo (Kierkegaard). Chiedo venia per quello che ho scritto finora (potete considerarlo un mio peccato di lussuria intellettuale), ma era funzionale all’argomento che introdurrò. La processione della Madonna del Carmine del 15 luglio è, per gli aviglianesi devoti e non, un viaggio nella memoria e nella interiorità che anticipa la processione del giorno dopo, quando la Vergine viene portata al santuario del Monte Carmine, per dimorarvi fino alla seconda domenica di settembre per poi fare rientro nella casa pontificia. E', appunto, una tradizione. E la “forza” di una tradizione risiede nell'essere sempre uguale a se stessa, nei secoli dei secoli. Ma quest'anno, don Salvatore, motu proprio, ha deciso di compiere una “variazione sul tema”, cambiando il percorso abituale del corteo religioso. Con “Avviso Sacro” (Sacris Solemniis), affisso all'ultimo momento, il parroco di Avigliano ha informato i devoti che “ in occasione della processione (…) del 15 luglio (…) in via del tutto eccezionale” avverrà “un piccolo cambio del percorso processionale nel seguente modo: venendo la processione da via Roma devierà su via Enrico Fermi (…)” e “durante il passaggio per via Enrico Fermi saranno sparati dei fuochi pirici”. Letto il comunicato, ho chiamato telefonicamente il solerte parroco, per avere, in qualità di peccatore “irreprensibile”, delle delucidazioni. Alle mie domande, don Salvatore si è mostrato, in vero, molto “abbottonato”. Oddio! A fronte di tanta reticenza, i miei “dubbi” si sono accresciuti. Lo so: a pensar male dell’operato del prete si fa peccato, ma spesso si indovina. Quale evento eccezionale ha indotto il prelato a modificare il percorso, facendo passare la processione per via Enrico Fermi e far sparare i fuochi pirici? Caro don Salvatore, Deo gratias et Mariae. “Avere la processione” è come un dono, una grazia. Ho notato, ancora una volta, che Lei tratta la religiosità popolare come se fosse gomma da masticare: l’allunga, l’ammassa, l’avvolge, insomma ne fa quello che vuole (esempio; ha snobbato, non partecipando alla processione della Madonna delle Grazie del primo maggio). La Vergine, nell'anno del Signore 2013, contro la Sua volontà (ma vi ha già perdonati!), è stata condotta per altri sentieri, per porgere, con un “inchino” regale, un particolare saluto a chissà quale “Nerone”. S. Giovanni Bosco diceva che “un prete o in Paradiso o all'Inferno non va mai solo: vanno sempre con lui un gran numero di anime, o salvate col suo santo ministero e col suo buon esempio, o perdute con la sua negligenza nell'adempimento dei propri doveri e col suo cattivo esempio.”. Pertanto, sarebbe stato opportuno non cambiare il secolare tragitto della processione. E, se Lei doveva essere promotore di una speciale “ambasciata”, poteva recarsi personalmente presso la casa del destinatario, come dovrebbe fare un buon prete, portando parole di speranza e conforto nelle famiglie bisognose e a madri affrante, che sono ancora in attesa di una Sua visita. Comunque, grande e intensa è stata la partecipazione dei cittadini alle processione del 15 e del giorno successivo. Quale spettacolo: fuochi pirici, “la Vergine in prima fila”, le autorità politiche poco distanti (siamo pur sempre in campagna elettorale), la banda un po' stonata, e i cittadini aviglianesi che, tra un “ora pro nobis e un misere”, parlavano degli ultimi dipartiti e degli scandali rosa, tipici della vita sotterranea e pruriginosa di paese.
 
Enzo Claps
fonte LA NUOVA DEL SUD
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