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INFRASTRUTTURE E FUTURO DELLA BASILICATA
 
 
In questi giorni si è tornato a parlare d’infrastrutture materiali ed immateriali nonché, dopo la tragedia di Genova del ruolo dello Stato in materia di controlli e quindi delle scelte fatte in passato sulle privatizzazioni.

Partendo dalla prima questione e cioè come le infrastrutture possono rappresentare uno dei fattori determinanti per la ripresa e lo sviluppo, le classi dirigenti e le strutture tecniche chiamate a proporre soluzioni economicamente ed ambientalmente sostenibili non possono continuare a ragionare con visioni a dimensione regionale ma hanno bisogno di sapere che solo, ad esempio per quanto riguarda la Basilicata, ma questo vale per l’intero sud, le proposte da mettere in campo devono collocarsi dentro una visione generale capace di rafforzare e mettere a sistema l’esistente dell’intero Paese consapevoli che le risorse a disposizione sono insufficienti a realizzare i sogni, ma anche in alcuni casi gli interessi di singoli territori.

Se guardiamo alle ultime scelte fatte dai governi nazionali e dalle singole regioni del sud, comprendiamo perché i famosi patti inventati dal Governo Renzi ad oggi non hanno prodotto quasi nulla e le opere inserite negli stessi sono riconducibili a progetti di molti anni addietro ed in alcuni casi non tengono conto che i bisogni e le priorità sono cambiate, oltre, come detto innanzi non si sono caratterizzati per una visione sistemica ad esempio per quanto riguarda il mezzogiorno. Sono prevalsi a livello nazionale gli interessi dei grandi gruppi e ancora si continua a parlare e difendere le gradi opere come la TAV che da sola assorbe risorse che se dirottate sulla riqualificazione dell’esistente con la priorità del mezzogiorno, non solo creerebbero alcune migliaia di posti di lavori ma favorirebbe anche una visione ed idea d’infrastruttura compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e del territorio. Non c’è stata visione e enti come anas, ferrovie ed investitori privati nelle infrastrutture immateriali hanno pensato solo a fare profitti.

Bisogna ad esempio sulle reti materiali integrare gomma e ferro, portare l’alta velocità a Lecce e Reggio Calabria, come pure sulle rete viaria realizzare il collegamento veloce adriatico- tirreno. Pertanto, non serve fare l’elenco della spesa ma individuare cinque punti strategici su cui costruire una visione capace di coniugare gli interessi della Regione con quelli più generali del Mezzogiorno. Una scelta obbligata questa se si vuole evitare che si riproponga , come sta avvenendo la nuova questione del nord in contrapposizione a quella meridionale perdendo definitivamente la opportunità di fare del mezzogiorno la piattaforma del mediterraneo considerato che la via della seta va da tutt’altra parte.

 
inviato il 08/09/2018
da Giannino Romaniello consigliere regionale Liberi e Uguali
per la categoria POLITICA