CH’OSÈ ADD'ACCÙSSÌ

14/09/2016
LAND ART AD AVIGLIANO IN LOCALITÀ CUPOLO
 
UN INCONSUETO QUADRO RAFFINATO DAL SAPORE DI FIENO

Stime prudenti parlano di oltre un miliardo al giorno. È questo il numero sterminato di immagini calcolate disponibili utilizzando i social network che le ospitano, con distinzione pressoché nulla, grazie ai più disparati utenti che ne “vomitano” sempre di nuove in assenza di un protocollo mondiale che ne disciplini la materia. Il prof. Umberto Eco a proposito della vasta disponibilità espressiva dei social, tracciò il profilo peculiare di moltissimi utenti, indicandoli come imbecilli invasori, che, da scemi del villaggio, si ergono a portatori di verità. Nulla di più condivisibile, ma anche di più approssimato, il che non è propriamente da tornito accademico. Il traslato pensiero anarchico, alimentato dal web, mi da diritto di reticenza e non rinuncio al peso della probabile incombenza che può gravarmi conseguentemente alla citata considerazione del Professor Eco. Dunque, anche io tra i tanti! Fotografi (non solo da smatphon), artisti, curiosi soggetti, narcisi di ogni tipo, e molto altro, siamo qui a districarci in questo mare magnum.

Pubblichiamo, scandagliamo, commentiamo di tutto. In questa nuova forma relazionale, anche noi, proprio come tanti piccoli artisti, stiamo lì a creare, pubblicare, imbastire l'ordito con taroccate conoscenze di merito improbabile. Nulla. Importa proprio nulla. Nemmeno considerare che potremmo in questo modo accelerare l'avviato processo di marginalizzazione dell’arte. Basta esserci, il resto conta niente o poco. E poi, perché dovrei sacrificarmi proprio io che sono un numero tra un miliardo? Non è più tempo di eroi, così funziona, e, perfino i principi divengono Nulla. Molte le prospettive che si aprono, le sensibilità che emergono. Nuovi campi di interesse rimodellano il concetto di tempo libero; suggeriscono di come spenderlo rispetto a quel fenomeno che chiamiamo vita. Per la circostanza, non sarebbe male se accreditati linguisti coniassero apposito termine per indicare questa nuova unità di misura. È un’idea... petalosa! Ma torniamo al senso di questa mia, che riguarda un’immagine di cui ha goduto la vista, il tatto e l’olfatto, percorrendo quel tratto di Strada Provinciale che si affaccia in località “Cupolo”, poco prima del Ponte di Santo Massimo. Il suo “artista”? Non so chi sia. Non ho la minima idea di chi possa impressionarlo. Se è giovane oppure maturo o vecchio, se è maschio oppure femmina. Nulla, di costui non so nulla e nemmeno immagino chi possa essere. Certo è che questo suo operare è riconducibile alla Land Art: una forma di espressione artistica americana, in auge verso la fine degli anni sessanta quando il clima culturale è in fermento ed esprime avversione verso i linguaggi artistici tradizionali. Allora, alcuni artisti, animati da una particolare sensibilità verso la preservazione dell'ambiente (che a causa del suo sfruttamento intensivo vedeva l'inizio del suo massacro), scelsero di abbandonare gli strumenti classici dell’arte (la tavolozza i pennelli e lo studio) a favore di una comunicazione “trasgressiva”, cioè un “en plein air” contestualizzato.

Il paesaggio-natura è la tela e le installazioni, le pennellate. Non c'è più il quadro ma la scultura, la fotografia, le installazioni. La caducità insita nell'opera la rende meno solenne e forse, addirittura più effimera come voleva Duchamp, ma per altri versi. Una sorta di azione artistica non propriamente rivoluzionaria, considerate le molte assonanze dadaiste. Ma, potrei sbagliare. Eccome. A parte queste assonanze, la causa determinante di questa performance nostrana non escludo sia da ricercarsi nell'effetto di mediatico di maggiore risonanza della scorsa estate. Parlo della Passerella di Vladimir Christo, che, con quella sua opera, ha collegato, attraverso l’Isola di San Paolo, il centro di Sulzano con Monte Isola. “Passerella” eletta a più famosa tra quelle strutture di coronamento tipiche delle manifestazioni culturali estive, che non vivono protagoniste la ribalta, ma solamente il riflesso della luce che ospitano. Inutile negare il suo notevole successo, che, però, non mi basta e mi fa interrogare se oltre la sua monumentale spettacolarità, le persone che vi hanno partecipato come prese da un evidente e collettivo piacere orgiastico, quale interesse hanno mostrato rispetto all’opera? Perché il rischio di passare per una sorta di feticcio, capace com'è stata di trasformare lo spazio naturale nel salotto di casa, ben arredato, pieno, colmo di tanti ospiti in giorno di festa, è evidente. A me, devo dire, che più che un'opera d'arte mi dice di un'idea sottratta da un brano datato di ingegneria bellica, ideata da Serse, nelle guerre persiane: il suo ponte di barche che gli permise di congiungere le due rive dell' Ellespondo. Cambiano i tempi, e, evidentemente Christo, che non è Serse, con la stessa meccanica di Serse, pronuncia una forma d’arte che intuisco essere interessante sotto molti profili, ma diabolicamente, anche molto pericolosa, proprio come l’uso indiscriminato del web.

Qualcuno di mia conoscenza avrebbe detto “Come dare il mitra in mano ad un cieco guerrafondaio.”. Godiamo dell’arte, e, nel momento che lo facciamo, noi stessi siamo arte - almeno così ci dicono -, partecipandola camminandoci sopra, meglio se a piedi nudi, con il contatto carnale che illusoriamente ci omologa all'artista che l'ha concepita. Probabilmente anch’egli amalgamato, ingannato: vittima prigioniera non più dei tormenti, come Van Gogh, dei disagi come Ligabue, del sacro fuoco come Kandinsky, della grazia come Modigliani… Si, godiamo dell'Arte, quella che sbeffeggia, che racconta, che allarma, che ride, piange, che ci impegna o ci lascia liberi e frivoli. Non uno spregio all'arte, come l'asino bardato a cavallo da torneo, che “gode” di sempre meno profeti e di sempre più opachi operatori. Ci accontentiamo. Quello che ieri avremmo giustamente annoverato come “esercitazione accademica”, oggi, magicamente diviene arte trattandola con il rispetto che non merita. Ricordate le cronache televisive quando hanno tacitato i critici rivolgendosi a noialtri esaltando i benefici economici di cui avrebbero, come in effetti hanno beneficiato, quei territori amministrati? Una partita da Libro Mastro, quanta pena! É la finanza a decretare i nuovi “Artista”, e le loro opere : manufatti dal valore scambiato come qualsiasi altro strumento finanziario. Non c'è più mecenati. E questo rappresenta un altro pericoloso segnale della crisi in cui riversa l’arte, bombardata dall’approssimazione ed esaltata nel suo valore fittizio apportato. Viviamo un tempo in cui la competizione è esasperata: o tutti figli di Sparta o l'ecatombe. All'artista non è consentito più il suo “pentimento d’artista”, però, in compenso, divenire artista è facile. Molto facile. Basta essere spregiudicati, rocamboleschi, con una dose di “inusualità” e diventare artista è un momento. Quattro linee incomprensibili, ma ben assestate, o i tratti ben definiti di un qualsiasi soggetto, una manciata di forme ed eccola l'arte coi suoi colori: tristi e spigolosi. Però, perché il gioco riesca, è vitale la presenza di un Padre Teorico affermato, un Gallerista Esperto e una Campagna Pubblicitaria.

Il valore dell’artista non è più la sua opera, ma il mercato, se ne ha. Facile confondersi, accreditandosi possedendo un minimo di mestiere, per ambire a un giorno di gloria regolata. Ma l’arte non è un effimero strumento deificatore. No. Essa è audace suggerimento che ci vuole migliori senza trasformarci in pietre miliari. Artista - tra i tanti significati -, è colui che produce interpretando il presente per sorpassarlo di molte spanne coi mezzi di cui dispone domandoli con la sua creatività; colui che non curva la schiena anzi che si fa beffa del potere senza offenderlo e non né conosce di altri diverso dall'arte cui è sottomesso (questo era Caravaggio). È il caso ricordare una citazione, che credo sia del Fotografo Oliviero Toscani, il quale l’ha espressa a tutela del significato dei “produttori” di arte. Dice Toscani: “Una matita in mano a Einstein ha scritto la Teoria della Relatività”, altro non aggiunge, da Signore qual è. La nostra Opera, fotografata col mio smartphon, con ogni probabilità, non ha scomodato il significato della Land Art, ma, molto più semplicemente, ha riguardato, come si vede, una bella forma di comunicazione pubblicitaria: carezzevole e per niente aggressiva. Tuttavia, non escluderei che sia stata il frutto di una scelta precisa, una inconsapevole «ready-made», per accentuare la forma dell'imperante modello totalizzatore che regge l'attuale sistema economico, politico, sociale ed ideologico. Il vago sapore arcadico che traspare potrebbe essere una sorta di cavallo di Troia rovesciato. Per questo e solo per questo, il bel quadretto domestico, “figlio” di un'operazione di emotiva finanza familiare, potrebbe avere valenza artistica. Di certo materializza in beneficio il piacere di aver ospitato sui propri fondi non un soggetto artistico - ne mancano i requisiti prima citati - ma un trattore col suo giovane pilota, il contadino, sua moglie e il cagnolino accucciato. Tutti in posa, fermi e immobili per lasciarsi fotografare. Un invito che ho accolto di buon grado, ed eccola la mia fotografia che ho prontamente pubblicato. C'è perfino il gattino vanitoso di casa, che ha smesso di cacciare per mettersi in posa e dirci di guardare verso l'orizzonte, dove il nostro sguardo incrocia la scritta di un'insegna pubblicitaria che, in discreta mostra, riferisce di una attività commerciale. Magari mi sbaglio e questo intervento che potrebbe dirsi “Cicero pro domo sua” fra qualche anno lo riscopriremo come un'altra verità dal sapore ancora più feroce della satira che Charlie Hebdo esprime irriverente. Sarebbe troppo, ma non lo escluderei.

 
a cura di Donato Claps
fonte aviglianonline.eu