CH’OSÈ ADD'ACCÙSSÌ

30/08/2015
A PROPOSITO DE I QUADRI PLASTICI
 
Forse con minore affanno, ma, anche questo Agosto, come molti di quelli scorsi, ci ha portato la riproposizione de “I quadri plastici”: una tipicità culturale “tutta” aviglianese che i settantenni dicono aver visto la prima luce all'alba degli anni '60 – evidentemente “favolosi” anche per noi: gente montanara, notoriamente schiva e schietta; lontana dai viziosi litoranei romagnoli o dalle licenziose tentazioni capitoline - . Per quanto sia già stato detto e scritto su questa rappresentazione, evidentemente spettacolare, I quadri plastici forniscono, nel bene e nel male, sempre motivo di discussione. Vivaddio! Proprio di oggi un programma della televisione pubblica mandava in onda su Rai Tre un servizio curato dal critico e storico dell'arte Achille Bonito Oliva, che trattava dell'Arte Pubblica. Mi sono detto e ripetuto “nulla capita a caso”, infatti, di oggi, di questa sera I quadri plastici.
Il periodo storico che ha visto i natali è lo stesso dell'Arte Pubblica. Si è negli anni 60 e l’operatore estetico (così veniva definito l'artista) dava vita allo spazio sociale secondo precisi moduli ideologici che prevedevano il coinvolgimento diretto nel processo creativo ed operativo dell’opera, la quale si intendeva offrirla come un luogo da abitare nel nuovo spazio appositamente creato. Si è negli anni 60 e da noi nascevano i quadri plastici. La loro complessiva monumentalità era frazionata e mobile. Un corteo di comparse, affidate a mezzi di locomozione modesti, a volte anche non propriamente meccanici, girava per le vie cittadine impegnando nuovi spazi e cedendone di conquistati con la partecipazione degli spettatori che spesso, incitati, si avvicendavano agli attori. Una sorta di installazione ante litteram con l'aggiunta di un fare partecipato che imprimeva dinamicità partecipata. Una forma d'arte in cui i cittadini evolvevano nel loro ruolo rigenerando col proprio fare il luogo urbano. Probabilmente si trattava di un qualcosa di molto più semplice: il piacere di partecipare alla festa, e il quadro plastico è lo spazio, un luogo della vita, non un contenitore. Esso si prestava come strumento per cementare la comunità, non per esaltare le sue debolezze! Da qualche tempo in qua, l'impetuosità di taluni soggetti chiamati all'interpretazione, ha rischiato di soverchiarli, traducendosi nel segmento meno alto del genere umano, sempre di più distintivo di un aspetto compositivo di cui anche la nostra comunità si è arricchita, non rimanendone immune, dal momento che ha abdicato all'esercizio del suo primitivo tratto distintivo nel quale si evidenziava la fierezza, l'amore per la giustizia e la passionalità. Un fare reattivo che non prestava il fianco al male. Cronache ultime, per esempio, dicono di un risultato travagliato, che ha visto (pretestuosamente?) assoggettare la Pro Loco cittadina ad un nuovo consesso di govero. Di qui il motivo per il quale a curarne la realizzazione di questa ultima edizione è niente di meno che l'Amministrazione Comunale, che, così, interrompe un ciclo, e, noi auspichiamo anche un modo di intenderli! Ciance, ciance e ancora ciance... Oltre l'aspetto romantico, sentimento tipico delle evocazioni tradizionali, questa rappresentazione ha visto alterne linee educative. Un progetto ambizioso, concepito sotto la guida attenta dell'allora Presidente della Pro Loco, Nicola Summa, aveva lo scopo di portare a far conoscere ai Lucani i pittori lucani in termini non consueti, traducendo come atto scenico plastico il bel lavoro di ricerca pubblicato su la rivista Conoscere la Basilicata, firmato di Rossella Villani. In linea con questo intelligente progetto, di qui, in molte delle future sacre evocazioni si rappresenteranno opere del Pietrafesa, di Todisco, Ceppaluni, Bresciano, solo per citarne alcuni. Un percoso didattico formativo perché si allontanasse l'idea che si potesse credere di poter accedere e frequentare normalmente i Master senza prima essere passati per le aule delle scuole elementari, e ci ricordasse che non siamo una indistinta massa di geni. Non trovate? Ma, si sa, nemo profeta in patria, così anche Avigliano non ha retto al fascino dello “straniero” ed ha rotto (da tempo) con i nostri pittori lucani, preferendo a questi, Maestri della pittura del calibro di Michelangelo Merisi. Come dar loro torto? Non ne daremmo e di certo, solo se a questi mostri sacri si giungesse con la graduale conoscenza necessaria per cercare di comprendere il difficile, tormentoso, affascinate, visionario mondo dell'Arte e degli Artisti e della cultura. Caravaggio ci sarebbe riconoscente per il solo fatto di aver cercato di comprendere i suoi turbamenti, la sua passionalità, la sua dimensione di uomo costretto in un tempo fuori tempo a curvare la schiena ma anche a prendersi beffa del potere laico e, soprattutto, di quello temporale. La stessa reazione, ovvio, non avrebbe, come in effetti non ha, Mingh Thè Qqua, il quale muove con furbizia, scimmiottando e blaterando di questo e quello per ingraziarsi “quanto di più” e quindi raggiungere un solido stadio di “concretezza”. Allora, diciamola in tutta sincerità, I quadri plastici sono un pretesto. Stanno ossidando i loro colori e proiettano una scena in cui troneggia una tavola imbandita al cui desco è inutile approssimarsi. Trovo discutibile l'esaltazione della mera spettacolarizzazione, nella quale cova silente lo stato bulimico di tanto vulgo autorepherentes del quale abbiamo, ahi noi, ampie e rovinose comprovazioni. Allora, coerentemente con quanto affermiamo, (voglio credere che non sia solo per darci un tono), a proposito di esistere per partecipare alla costruzione di un mondo migliore, dopo questo episodio di contingenza, si riprendano i temi di quel bel progetto la cui riconoscibilità porti a definire con cognizione di causa, lo spettacolo, l'arte e la cultura. Ripristinare il senso autentico de I quadri plastici la trovo una sfida affascinante, grazie alla quale la forma e la dimensione dei protagonisti non può che essere condivisa ed esaltata. Sarebbe un punto di riferimento importante ed originale in questo nostro mondo, sempre di più globalizzato. A leggerli per bene anche nella rappresentazione di questa sera è impresso tutto il dolore, quello stesso che proviamo o che dovremmo provare considerando quanto accade a chi per fuggire dalla guerra affronta il mare su quei mezzi di fortuna che, sempre più spesso,divengono strumenti di morte, come dice il Santo Padre, "Un crimine verso l'umanità".
 
a cura di Donato Claps
fonte aviglianonline.eu