ID: 1184
DICHIARAZIONI SULLO STATUTO DELLA REGIONE BASILICATA (CONSIGLIO REGIONALE DEL 2 DICEMBRE 2015)

03/12/2015

inviato da Gianni Rosa
per Fratelli d'Italia - Alleanza Nazionale

TESTO NON FORMATTATO

Dichiarazioni sullo Statuto della Regione Basilicata (Consiglio regionale del 2 Dicembre 2015) Presidente e Colleghi, è dal 2001 che la nostra Regione aspetta il suo Statuto. Sono 14 anni che i Lucani attendono le regole fondamentali, i principi che dovranno regolare, in armonia con la Costituzione, il loro vivere. Perché, al di là dei tecnicismi, di questo si tratta: noi siamo, per quelle che sono le competenze regionali, i Padri costituenti della nostra Regione. Mentre noi, però, siamo qui ad approvare lo Statuto della Regione Basilicata, questo rischia di nascere già vecchio; a Roma, nella Presidenza del Consiglio, Renzi cerca di sbarazzarsi delle Regioni e di eliminare autonomie e identità locali. I Lucani, la Basilicata sparirebbero con un colpo di spugna! Infatti, non solo aumentano i poteri statali e diminuiscono quelli regionali; non solo cessano le materie concorrenti, ma si introduce un principio di salvaguardia che sposta lo Stato ad un livello gerarchicamente superiore rispetto alle Regioni. Anche dal punto di vista dell’autonomia finanziaria, mai applicata fino in fondo, si ritorna al passato. Le Regioni potranno essere commissariate in presenza di errori nella gestione contabile e di bilancio. Ma non è tutto. Soprattutto si annuncia una riforma ammazza autonomie, che sembra voler cancellare la Basilicata. Due mesi. Questo il tempo richiesto da Palazzo Chigi. E poi si entrerà nel vivo di una delle riforme più traumatiche e complesse all'ordine del giorno: quella delle Regioni. Entro sessanta giorni, infatti, il Governo riceverà la relazione della Commissione tecnica appena costituita per definire il perimetro della riforma. Scontato l’effetto voluto da Renzi: ridurre le Regioni. L'idea è anche, come noto, dei parlamentari del Partito Democratico, Roberto Morassut e Raffaele Ranucci. Niente più Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria: ecco l'Alpina. Arrivederci Marche, Abruzzo e Molise, nella nuova mappa della Penisola ci sarà un'unica grande macchia con il nome di Adriatica. E la Lucania? Alla Lucania non verrebbe riconosciuto neanche l’onore della armi: smembrata. Un po’ Puglia, del vostro amico Emiliano; un po’ alla Calabria di Oliviero. La proposta di legge presentata alla Camera è sostenuta dal Premier. Anche il presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino (anche lui Pd) sarebbe favorevole a un accorpamento. Motivo? Risparmiare, questa la scusa ufficiale. In realtà c’è dietro la volontà politica di cancellare 40 anni di federalismo. Muore il Senato federale che si era approvato nel 2005, si cancellano le Province; le politiche montane e territoriali sono state eliminate nell’ultimo decennio. Come difendersi? La nostra proposta è quella di utilizzare lo Statuto come forma di difesa. Ecco perché più che della difesa degli animali, lo dico con il massimo rispetto, dobbiamo occuparci della difesa della grande tradizione lucana e della intangibilità del territorio della Basilicata. Altrimenti rischiamo di essere patetici e ancora una volta in ritardo rispetto alla storia. Fino a qualche anno fa, si parlava di Grande Lucania, di accorpare il Cilento ed il Vallo di Diano alla provincia di Potenza, si parlava di ripristinare quello che era l’antico territorio delle ‘genti lucane’. Oggi, invece, la grande beffa dello smembramento. È giusto, invece, che la Regione faccia sentire la propria voce. Ecco perché siamo particolarmente soddisfatti che il nostro emendamento, teso ad affermare l’intangibilità territoriale e l’unità delle Comunità lucane come fine della Regione, sia stato inserito nel comma 2 dell’articolo 1 del nostro Statuto. E di questo ringraziamo tutti i membri della I Commissione. Anche per questi motivi, anche per la necessità di racchiudere, nel futuro Statuto della Regione Basilicata, lo spirito della memoria storica lucana e le esigenze che il presente ci impone, scriverlo non è stata cosa da poco. Tutt’altro; è stato un lavoro impegnativo, entusiasmante, ma molto impegnativo. Non nascondiamocelo. Ci siamo avvicinati a questo compito con molta umiltà e ne abbiamo sentito in pieno il peso, perché ogni parola fosse quella esatta, non più né meno di quello che doveva essere. Questa è stata la nostra occasione per fare quello per cui i Lucani ci hanno eletto: il legislatori. Non di questo o di quello, ma di tutti i Lucani. In fondo è quello che dovremmo fare sempre: pensare a tutti, perché noi, nei confini della nostra bella Regione, siamo coloro che regolamentano la vita della comunità, che facciamo leggi che dovrebbero aiutare tutti, indiscriminatamente. E, finalmente, c’è una norma superiore che lo sancisce. Quello stesso comma 2 dell’articolo 1 del nostro Statuto che sancisce: “La Regione rappresenta la popolazione della Basilicata”. Sì, noi rappresentiamo tutti. Tutti i Lucani, indistintamente. Per questo sorrido quando mi si muove l’accusa di occuparmi di Matera, piuttosto che di Montescaglioso o di Melfi. Noi, tutti noi, rappresentiamo “la popolazione della Basilicata”. Non solo Avigliano, piuttosto che Potenza o Lauria. Forse conosciamo meglio alcune realtà piuttosto che altre. Ma questo non ci dovrebbe indurre a commettere l’errore di fare del ‘campanilismo’. È quello che farebbero i burocrati al servizio delle lobby, non dei legislatori. Noi, dobbiamo tutelare “gli interessi di tutti i Lucani”, come recita l’Articolo 2 del nostro Statuto. E nutriamo la segreta speranza che scriverlo nero su bianco serva, finalmente, a mettere fine alle leggi per gli amici e gli amici degli amici. E, mi sia permesso, noi tuteliamo anche gli interessi di “chiunque risiede, vive e opera nel suo territorio”. È un nostro emendamento, inclusivo di tutti coloro i quali, abitando qui, avendo una famiglia e lavorando in Basilicata, aiutano questa nostra Terra ogni giorno. Questo, però, non ci ha fatto dimenticare ciò che ci rende distinti dagli altri: il nostro essere Lucani. Non Campani, non Calabresi, non Pugliesi ma Lucani. “Gli abitanti della Basilicata, anticamente Lucania, si denominano Lucani” recita l’ultimo comma dell’articolo 1. C’era chi voleva farci diventare ‘Basilicatesi’ o peggio ancora eliminare dalla nostra ‘carta fondamentale’ il riferimento a quella Terra di boschi e lupi che ci ha protetto e nutrito. È stato, forse, lo scontro più vivo. Dobbiamo però dire che anche chi, richiamandosi a posizioni storiche oramai superate, ci ha messo un po’ per farsi convincere, in fondo sa che senza la Lucania e i Lucani noi non saremmo qui. Quei Lucani cui noi, nell’articolo 7, riconosciamo il diritto ad un “lavoro libero e capace di garantire una vita dignitosa”. Un lavoro libero. Una delle espressioni di maggiore significato del nostro Statuto. Ci siamo interrogati molto sul significato di ‘libero’ e su quello di “capace di garantire una vita dignitosa”. Le due cose possono sembrare scollegate. Invece, per noi, c’è un filo rosso che collega la libertà del lavoro con la dignità della vita. È quando un uomo può contare con sicurezza sui mezzi per vivere che la vita diventa dignitosa. E può contarvi con sicurezza solo quando il lavoro è libero e non dipendente da volontà esterne, dal patronus di turno, che oggi c’è e domani chissà, o dalla lobbi più potente al momento. Ecco, noi, la Regione, se non fosse stato chiaro da prima, riconosce solo il diritto al lavoro libero. Non altro. Lavoro che deve garantire una vita dignitosa, non i contentini che rendono schiavi. Solo la libertà garantisce l’uguaglianza sostanziale degli individui e li mette in grado di contribuire al progresso della società. Non me ne vogliano i Colleghi, non è una critica. Se noi, come società, sentiamo il bisogno di sigillare nello Statuto che la “Regione promuove la piena occupazione”, vuol dire che la piena occupazione non c’è. O quando si dice, sempre all’articolo 7, che la Regione “promuove l’elevazione sociale dei soggetti e delle categorie svantaggiate” vuol dire che questi sono problemi ai quali ancora non abbiamo trovato una soluzione. O, ancora, se sentiamo l’esigenza di chiarire che “La Regione rimuove ogni discriminazione che impedisce la parità delle donne e degli uomini nella vita sociale, culturale, politica economica ed in materia di lavoro”, come stabilito all’articolo 6 del nostro Statuto, vuol dire che sin’ora questa parità non c’è e abbiamo sbagliato qualcosa. Questo Statuto, da un lato, si occupa del Popolo, e dall’altro, del territorio. Del resto, la Regione come ente si basa su due elementi: la popolazione ed il territorio, appunto. Senza l’uno o l’altro, la Regione non esiste. La Basilicata non esisterebbe. Ecco, quindi, l’articolo 10, in cui si afferma che la Regione “protegge e cura il proprio territorio”. Colleghi, non solo protegge da minacce esterne, ma se ne prende cura. Sapete cosa vuol dire prendersi cura di qualcosa? Significa “occuparsene attivamente, provvedere alle sue necessità, alla sua conservazione”. Cosa abbiamo fatto in tutti questi anni per prenderci cura della nostre valli, delle nostre montagne, dei nostri fiumi, della nostre coste? Poco o niente. Anzi, in alcuni casi sembra quasi che ci siamo impegnati per fare tutto il contrario: massacrarla e offenderla, la nostra Terra. Ecco, speriamo che con l’approvazione del nostro Statuto chi governa prenda coscienza che ci sono principi superiori che vanno salvaguardati. Che non ci deve sempre essere un ritorno personale in quello che si fa. Che è necessario cambiare l’approccio con cui si governa. Nell’interesse di tutti e non di pochi. Non sono queste critiche ma sono le basi sulle quali migliorare la nostra attività e che noi stessi ci stiamo dando attraverso l’approvazione del nostro Statuto. Noi dobbiamo fare lo sforzo di guardare al passato, capire cosa abbiamo sbagliato e percorrere un’altra strada. In questo senso il nostro Statuto potrà farci da guida, potrà essere una sorta di programma da attuare. Il lavoro deve garantire una vita dignitosa? Basta assistenzialismo ed iniziamo a pensare a serie politiche attive di lavoro. Piena occupazione? Fin’ora non s’è vista. Anzi. Quindi iniziamo a pensare che le politiche messe in campo fino a ieri non sono servite a nulla! Cambiamo. E il primo passo per attuare una vera svolta è ricordarci perché si fa politica. Perché noi siamo qui e non al di là di questo vetro. Alle volte, mi sembra che i primi a non avere fiducia nella politica sono gli stessi che siedono tra questi banchi. E se non abbiamo fiducia noi, come fa ad averne il Popolo? Parlando dello Statuto, in questi ultimi mesi, mi sono chiesto spesso perché io sono qui e non dall’altro lato del vetro. Io sono qui perché voglio occuparmi di tutti i Lucani. Quindi, si mettano l’anima in pace i miei detrattori, io continuerò a parlare di Matera, Maratea, Forenza e Rotondella, perché io voglio curare l’interesse di tutti. Io sono qui, seduto tra questi banchi, perché credo che molto si possa ancora fare per la nostra Terra e per i Lucani; che davvero, se si pensa meno ai propri interessi e più a quelli della collettività, si può garantire a tutti lavoro libero, vita dignitosa e piena occupazione. Sono convinto che con una politica che consideri meno le donne una ‘riserva indiana’ nella quale pescare voti e consensi e più carburante necessario per la crescita della società, un giorno si potrà smettere di essere ‘obbligati’ a scrivere ‘pari opportunità’ perché sarà un dato di fatto e non un mero principio da riempire. Sono convinto che quando la classe politica che ci governa smetterà di giocare, tutti i principi contenuti nel nostro Statuto diventeranno da mero ideale una realtà concreta. Sono 15 anni che i Lucani aspettano. E noi non dobbiamo farli aspettare ancora. Potenza, 2 Dicembre 2015 Gianni Rosa


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