CH’OSÈ ADD'ACCÙSSÌ

14/03/2015
UNA COLLETTIVA DI PITTURA: UN EVENTO UTILE!
 
Da quando non risiedo più, per caso puro, ho fatto di conti ed ho registrato, considerando il totale, che mi sono perso non poche manifestazioni e non pochi eventi culturali, che a vario titolo e grazie a differenti organizzatori si sono presentati ad Avigliano: paese che romantici démodé continuano a definire “la Càptàl”, peraltro, pronunciando il termine con una intonazione inumidita da acque agro silvane: non più chiare, né fresche e nemmeno dolci, anzi, da noi, sin troppo lontane, nonostante la modernità, in tal senso, ne abbia rivisto l'entità di questa unità, riproblemizzandola nella sua dimensionalità. Complici l'orario, il clima ed il caso, giovedì scorso mi trovavo “ramingo” in Piazza Gianturco, ininterrottamente sorvegliata dal lontanissimo 1939 da quello statista, giurista e musicista che è stato l'illustre nostro concittadino Emmanuele Gianturco e che, ahinoi, non più ricordano, come dovrebbero, le sedi formative. Basta tanto. Osservavo i profili dei volumi urbani intercettati da fasci dorati di luce artificiale, almeno di quella che, vinta la coltre di nebbia, li affrancava dal bianco e dal nero imperante. Pensavo all'Imperatore Claudio (lo zoppo) quello che riuscì dove Cesare, il grande Cesare, aveva fallito: la conquista della Bretagna. Altri ricordi di fatti e persone erano la, sequenziali, a dire di una comunità non ancora imbrattata da egoismi, pochezze e miserie: l'atmosfera emotiva è sin troppo rarefatta, fredda e silenziosa – complice l'assonanza romanzata, mutuata da “Claudio: le mie memorie”, di cui accennavo. La scena è inquietante. Mi sopraggiunge il ricordo delle atmosfere tipiche del romanzo gotico. Qui, però, la voce scritta è la geometria percepita, che corteggia la luce impegnando l'occhio, che, dal suo nervo, si avvia nel viaggio per soffermarsi appena più giù nel petto: al cuore. Qui il miracolo, quello vero, che ti, che mi appartiene, che nessun imbonitore – trascorso o futuro – potrà sottrarti, potrà sottrarmi. É il gusto maturato che coglie nell'immagine tutti i particolari, li elabora, li rimescola, li ripresenta univoci. Questo squarcio non ha più lembi di città. É la città. Ma senza il perpetuo movimento quotidiano. La sua costruzione è quel passaggio fantastico che conduce all'ideale, purtroppo interrotto, privato dell'arto poetico, del fare cosciente e rispettoso che avremmo voluto, a cui abbiamo partecipato, registrandone, con una clamorosa sconfitta anche il deponimento delle armi. Nel mentre, oltre tempo ragionato, balzano, si stagliano, evidenziandosi con fare poetico, auree abbaglianti: le sagome di accesso agli edifici. C'è quello, e poi quell'altro, e poi l'altro ancora... il barbiere, il cappellaio, l'esattore, l'Oratorio, la Biblioteca, la farmacia, il Partito, le sue tante voci. Qui, dove un tempo vi era l'accesso del (vecchio) Partito Comunista, mi soffermo e lo sguardo rileva quel luogo, attinge dalla memoria e mi proietta le sue vestigia. Era un progetto che guardava oltre confine, sui “tempi lunghi”. Non credo, nemmeno immagino, confidasse su di un prelievo occasionale, come drammaticamente accade oggigiorno, quando il consenso muove ondivago, sulla scorta di un dato mediatico artatamente propinato. Qui, dicevo, l'evento culturale che l' Associazione Culturale Marxista Lucana “Myriam Rosa” ha voluto donare alla cittadinanza, pronunciandolo, con un appello recitato per iscritto del suo Presidente, dal tono quasi intimidatorio, e, dal vago sapore nietzschiano, ancorché compresso, l'invito a parteciparvi. Non sfugga che quello della sensibilizzazione culturale e della sua necessita di sponsorizzazione e stimolo partecipativo è un campo molto vasto ed eterogeneo, che nel suo insieme trova una moltitudine di aspetti e di realtà, che spesso lasciano confuso e disorientato chi intende avvicinarsi. Per questo, a mio avviso, l'irruenza non paga, anzi, dettagliando il carattere di chi la pronuncia diventa addirittura un deterrente. Ma torniamo a noi. Un bell'evento. Utile. Senza nessun sterile fardello o posticcio orpello. Rispettoso e da rispettare. Non conosco e né so se ci sia stato un canonico curatore. Resta il fatto, non so quanto e se voluto, che l'impianto della Collettiva di Pittura, nella quale espongono Donato SABIA, Antonio SABATO e Maurizio L. ROSA, ha il sapore minimal-concreto-essenziale. Di quello stesso che si praticava quando il modello neocapitalista non esisteva, e, neppure illuminanti teorici dell'economia ne davano cenno. Scelta ricaduta sull'essenziale, che, dunque, personalmente condivido e che rientra nei canoni della sintassi del ragionamento proposto da molte delle opere pittoriche esposte, ma che non fa collimazione con le note impresse nella quarta di copertina dell'invito: dove rauchi filamenti fonetici, prendono in prestito l'Evento, riducendolo a mero strumento di pronuncia per il proprio anatema. Il primo impatto alla Mostra, trova artefice un segno distintivo di accoglienza, che traduce la multimatericità plastica, oserei dire quasi carnale, di una prima importante definizione artistica dell'opera esposta, in cui gli adempimenti cromatici segnano, ben distinte, le campiture, le cui asprezze si “addolciscono” solo al degradare del loro volume. Immagino che la scelta di questa collocazione scenica, sia avvenuta per annunciare, come fa un preludio, il tema poetico dominante. Prospetta, forse per mero caso, un angolo allestito con differenti evidenze pittoriche, trattate con i segni di una pittura diversamente resa. Del resto, è propria di una “Collettiva” la possibilità di un'azione comparativa dovuta all'intreccio degli stili come anche nella considerazione dell’eclettismo e dell’ibridazione che definisce i differenti periodi, ovvero, le diverse poetiche e sensibilità degli artisti che vi partecipano. Di questa Collettiva, ho avuto modo di apprezzare l'idea che ad essa sottende, e cioè le differenti reattività, che siano, o meno, state pronunciate correttamente secondo lo spirito dei tempi e senza conflitti di ambito. Mi è balzata una delle verità: quella il cui risultato è insito in una delle qualsiasi opere esposte; che filtra il percorso nel quale la realtà di ciascuno si differisce attraverso la propria memoria, la propria immaginazione e, come nel caso di quelle fortunate persone che sono gli artisti, di cui ho goduto le opere, attraverso il proprio genio, che ci conferisce non solamente una valenza evocativa ma una di proiezione. Concludo, e, nel rispetto di quanto ho denunciato in precedenza, a proposito dell'evento e per i suoi protagonisti, mi pare utile pronunciare un suggerimento perché, in un futuro, la fase di allestimento non disponga di elementi provvisori, di qualità discutibile. Ho rilevato, infatti, che alcuni lavori sono stati esposti senza adeguato accorgimento, non considerando la luce riflessa e quindi una lettura difficile dell'opera. Ricordo che la collocazione di sfondi posticci, attaccati alla buona e meglio, non restituisce una fruizione corretta del quadro, ma rappresenta il frutto di una improvvisazione, sempre biasimevole. Ho apprezzato lo sforzo, mentre non è giustificabile questo tipo di allestimento: lo considero lesivo, considerato il significativo contenuto intellettuale ed il suo elevato valore che la Mostra, questa Mostra ci, mi, ha trasferito.
AVIGLIANO dal 6 al 15 marzo 2015
Associazione Culturale Marxista Lucana “Myriam Rosa”
 
a cura di Donato Claps
fonte aviglianonline.eu