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22/01/2015
STORIE DI LUCANI PARTITI CON LA VOGLIA DI CANTARE
nel museo dell'emigrazione che nascerà a maggio a Lagopesole
 
C’è una canzone aviglianese che nella musicalità dei suoi versi esprime alla fine meraviglia più che sgomento per le mancate lettere che alla moglie il marito non spedisce più dall’America. Partito padre di tre figli ha saputo di averne quattro. La moglie lo invita a non preoccuparsi “Ca lu mannamm a Napule a fa sturent”. L’ultima strofe sembra alludere alla paternità del quarto nato che potrebbe essere il prete. Di qui una prospettiva non di miseria ma di futura elevazione sociale. La canzone aiuta anche a collocare l’episodio tra la fine dell’800 e gli inizi del 900 quando si verificò una vera e propria alluvione migratoria meridionale, e dunque anche lucana, verso la “Merica”. Il paradiso in terra. Il luogo dove gli italiani erano percepiti come birds of passage (uccelli di passo) fermati però prima in quarantena ad Ellis Island. Superato il periodo i nostri potevano disperdersi e volare negli altri Stati della Confederazione. Oppure proseguire giù fino in Patagonia lungo la rotta sudamericana. Le altre rotte migratorie i lucani le esploreranno soprattutto nel secondo dopoguerra: dal Belgio alla Germania, dal Canada all’Australia. Togliatti li raffigurò con la valigia di cartone legata da una corda. Sembrava un destino di miseria ma per molti, per tanti non fu cosi. Lucani d’America o d’Argentina tennero in alto, lo si può dire senza retorica, la bandiera e il nome della propria terra di provenienza. Fiorello Laguardia fu deputato rappresentante dell’East Harlem più nota come East Italy. E non c’è bisogno di spiegarne il motivo. Diventato sindaco di NYC passò poi il testimone al picernese Vito Marcantonio ( 1902-1954). Questi eletto prima nelle fila dei repubblicani, sempre a East Harlem, venne poi riconfermato deputato con l’American Labour Party. Una scelta molto coraggiosa a fianco dei disperati, degli emarginati, di quanti colpiti dalla repressione avevano bisogno di un avvocato difensore. E lui svolgeva il suo compito legale con grande passione e onestà A Harlem c’è oggi una scuola elementare a lui intitolata. Degna di essere ricordata anche la concentrazione antifascista in Argentina. Tanti lucani si raccoglievano nel circolo di Enrichetta Giolitti ( la figlia di Giovanni). Qualche nome ne indica lo spesso re ma anche la latitudine organizzativa. Si va da Francesco Nitti a Sigfrido Scozzese Ciccotti figlio di Francesco, deputato socialista, di Palazzo S. Gervasio a Giuseppe Chiummiento di Acerenza, giornalista per bene e quasi sconosciuto. L’elenco potrebbe continuare e arrivare addirittura fino ai giorni nostri, ma conviene non trasformare in un semplice registro di nomi il bel ricordo di una grande avventura umana e sociale, culturale, politica e imprenditoriale di cui si resero protagonisti tanti lucani nel mondo. Ad essi va giustamente il pensiero che può e deve avere valore e significato se include anche coloro che più modestamente condussero la loro esistenza nella terra che li accolse. Ancora degna di nota la storia evidenziata dal già Coordinatore Centro dei Lucani nel mondo “Nino Calice”, Pietro Simonetti, ovvero il barrio (quartiere) molto popoloso di Buenos Aires che dal 2009 si chiama di nuovo barrio Pescopagano, dopo che la dittatura di Videla ne aveva cambiato la denominazione nel 1976, intitolandolo a un generale. Gli abitanti lucani di questo quartiere fondarono in tempi remoti il mitico club sportivo “Boca Juniors” testimoniato da una foto storica. Dopo quanto detto, se è vero che i libri di storia ci ricordano che dal 1861 ad oggi sono emigrati più di 29 milioni di italiani. La domanda è quanti sono gli emigrati lucani? Oggi da dati sparsi sappiamo che esistono centottanta strutture organizzate di lucani nel mondo, sedici federazioni nazionali nei vari Paesi con in testa il Centro lucani nel mondo “Nino Calice e c’è una base di discendenti lucani di un milione e 600mila persone. Tutto questo e tanto altro lo sapremo meglio grazie al museo dell'emigrazione che sorgerà nel castello di Lagopesole di Avigliano, e che sarà inaugurato il 22 maggio, giornata dedicata ogni anno per legge regionale ai Lucani nel mondo. Ancora una volta la città di Avigliano e in particolare il castello federiciano di Lagopesole gli viene attribuito un degno riconoscimento e il giusto premio a tutta l’amministrazione comunale diretta dal sindaco Vito Summa e alla sua giunta arrivata alla fine del mandato consiliare. Per la cronaca tutti sappiamo che ad Avigliano si vota il 17 maggio prossimo e per la data dell’inaugurazione ci sarà un nuovo sindaco che per come la penso io e me lo auguro si chiamerà ancora Vito Summa.
 
Enzo Claps
fonte LA NUOVA DEL SUD
categoria: ATTUALITÀ