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05/03/2014
RESTANO AGLI ARRESTI DOMICILIARI FIORE, BRINDISI E SANTORO
Vento del Sud il Gip Lacorra respinge la richiesta di revoca. Martedì prossimo l'udienza del riesame
 
In attesa del Riesame, previsto per martedì prossimo, restano ai domiciliari Rocco Fiore, Giuseppe Brindisi e Bartolo Santoro, le tre persone arrestate nell'ambito dell'inchiesta «Vento del Sud» sul presunto intreccio tra politica e imprenditoria locale per «pilotare» gli appalti pubblici. Il gip Rosa Larocca ha respinto la richiesta di revoca degli arresti inoltrata dagli avvocati difensori di Fiore (Luca Lorenzo e Donato Pace) e Brindisi (Savino Murro). Il legale di Bartolo Santoro {Donatelle Cima-domo) non ha ritenuto di presentare una richiesta in tal senso. Nell'ambito dell'inchiesta, lo ricordiamo, è stato disposto anche il divieto di dimora nei Comuni di residenza per il consigliere e assessore comunale di Avigliano, Emilio Colangelo, per l'assessore comunale di Pietragalla, Canio Romaniello e per l'architetto del Comune di Brienza, Michele Giuseppe Palladino, mentre l'imprenditore Donato Colangelo, del capoluogo lucano, dovrà rispettare l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Sono stati inviati anche tre dici avvisi di conclusione delle indagini per imprenditori, amministratori locali e funzionari tra i quali i sindaci di Pietragalla, Rocco Iacovera, e Brienza, Pasquale Scelzo, e l'assessore comunale del Pd di Avigliano Donato Sabia. Sono accusati, a vario titolo, di aver creato un meccanismo grazie al quale controllare le varie fasi delle gare d'appalto in provincia, decidendo a priori chi doveva aggiudicarsi i lavori. Le ipotesi di reato contestate sono di turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione propria ed impropria, induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso di ufficio, falsità ideologica in atti pubblici, distruzione ed occultamento di atti veri, sub-appalto non
autorizzato, falso dichiarazioni al Pm. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di aver creato un meccanismo grazie al quale controllare le varie fasi delle gare d'appalto in provincia, decidendo a priori chi doveva aggiudicarsi i lavori. Le ipotesi di reato contestate sono di turbata libertà degli incanti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, corruzione propria e impropria, induzione indebita a dare o promettere utilità, abuso di ufficio, falsità ideologica in atti pubblici, distruzione ed occultamento di atti veri, sub-appalto non autorizzata, false dichiarazioni al Pm. Due i sistemi per condizionare gli appalti: il primo contemplava la presenza di un funzionario pubblico «amico» che per il tramite dell'affidamento diretto, dietro promessa di beni ed utilità di diversa natura, assegnava i lavori all'impresa individuata; il secondo sistema, invece, si basava su un'intesa tra i diversi imprenditori partecipanti alla gara che. prevedendo un ribasso concordato (e, naturalmente, limitato), riuscivano a favorire uno di loro in una logica di turnazione.
 
Massimo Brancati
fonte LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
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